NEL PRECEDENTE RAPPORTO SULLE FORME ARTISTICHE DIFFUSE NEL VOSTRO MONDO, AVEVO DETTO CHE AVREI PARLATO DELL’ARTE CONTEMPORANEA. COMINCIO CON ALCUNI ESEMPI, FORSE ESTREMI MA INDICATIVI.
A PARTIRE DA CHRISTO, ARTISTA RECENTEMENTE SCOMPARSO.
Christo, artista noto perché era solito impacchettare monumenti e persino montagne, realizzò qualche anno fa un attraversamento pedonale del lago d’Iseo con 200 milioni di metri cubi di polietilene coperti da un tappeto giallo largo 16 metri. Un camminamento sull’acqua che permetteva di arrivare fino all’isola dei Beretta in mezzo al lago. Un lungo dibattito c’è stato su come siano stati finanziati i 15 milioni di euro necessari per costruire quest’opera d’arte – poi smontata – e farla fruire gratuitamente da milioni di visitatori. Ma non mi interessa tanto l’aspetto ‘commerciale’ quanto il motivo per cui tanta gente si è appassionata a questa esperienza di camminare sulle acque (o quasi).
Marina Abramovic nelle sue performances artistiche fa di tutto col proprio corpo. Attraversa stelle di fuoco svenendoci dentro, si incide il ventre con un rasoio, si stende su una croce di ghiaccio, si fa assalire da cinque pitoni affamati… Sul suo corpo possono intervenire anche gli spettatori, tagliuzzando i vestiti e la sua stessa pelle per poi succhiarne il sangue. Ma gli spettatori possono intervenire anche per fermare il suo pericoloso autolesionismo, e sono comunque coinvolti in queste performance ‘estreme’.
Ci si può chiedere in che senso questo è definibile arte, e non opera di stravagante ingegneria nel primo caso o psicodramma collettivo nel secondo.
Una spiegazione pessimistica e certamente riduttiva è quella di Tiziano Scarpa: “L’arte contemporanea è così… non c’è nessun motivo che giustifichi il successo di un artista rispetto a un altro. Ci sono solo opere e nomi che sono stati miracolati da circostanze fortuite”.
Secondo il filosofo Hume “la bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla e ogni mente percepisce una diversa bellezza”.
E su questo anche gli attuali neuroscienziati concordano: le aree del cervello che servono a percepire l’opera d’arte sono le stesse in tutte le persone, mentre le risonanze emotive che consentono di apprezzarla e valutarla piacevole, interessante, sconvolgente, e così via sono diverse da persona a persona, e variano col tempo e i luoghi.
La bellezza dunque non può essere una qualità intrinseca dell’oggetto ma una organizzazione della mente che lo percepisce.
Diceva Umberto Eco che nel mondo greco il bello è “ciò che piace, che suscita ammirazione, che attrae lo sguardo … la bellezza si esprime nell’armonia del cosmo, in poesia si esprime nell’incanto che fa gioire gli uomini, in scultura nell’appropriata misura e simmetria delle parti, in retorica nel giusto ritmo”. Ma i criteri di ciò che è bello cambiano nello spazio e nel tempo, in tutte le arti, fino agli ideali estetici dell’occidente contemporaneo tendenti “all’orgia della tolleranza, al sincretismo totale, all’assoluto e inarrestabile politeismo della Bellezza”.
Scriveva l’architetto Joseph Olbrich sul frontone di un suo palazzo per l’esposizione viennese “Ad ogni tempo la sua arte, ad ogni arte la sua libertà”. Libero l’artista, ma libero anche lo spettatore di apprezzare o meno quanto gli viene proposto. Quando una rappresentazione artistica (una pittura, una scultura, una architettura, una musica, uno spettacolo, un film) può essere recepita positivamente dalla mente umana? Quando è armoniosa ed equilibrata i tutte le sue parti e quindi esprime razionalità ed attiva una valutazione altrettanto razionale? Oppure quando esprime disarmonia, esasperazione, drammaticità, energia e dinamismo più che precisione formale, e quindi squilibrio, sofferenza e dolore? In questi casi l’artista rappresenta la vita come realmente è, non come si vorrebbe che fosse. Oppure racconta sue sensazioni interiori, i suoi sogni e le sue fantasie nel modo in cui egli stesso le vive. L’arte può suscitare meraviglia, turbamento, stupore; esprimere ed attivare emozioni, incomprensibili alla ragione.
Quindi, quali sono i criteri per cui si giudica positivamente un prodotto artistico?
L’arte deve essere attraente, con prevalenza dunque dell’aspetto estetico e formale, o stimolante, con prevalenza dell’attivazione emotiva? Deve essere stabilizzante e rasserenante mediante l’armonia, e la ‘divina proporzione’, come nell’arte classica e neoclassica, oppure indurre sorpresa e turbamento come nell’arte contemporanea?
Il problema è troppo complesso per la mia mente di alieno, abituato alla razionalità e alla bellezza dell’artificiale ben costruito… ne voglio parlare approfonditamente con alcuni conoscenti esperti sull’argomento: un pittore, un critico cinematografico, un musicista, un organizzatore di mostre d’arte. Se avete qualcosa da suggerirmi, potete farlo mediante il modulo di comunicazione in fondo alla pagina.
Appena ne capirò di più, vi farò sapere.
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