DURANTE LA PANDEMIA È AUMENTATO IL CONSUMO DI FARMACI PER COMPENSARE I DISTURBI LEGATI ALL’ISOLAMENTO SOCIALE E AL CAMBIAMENTO DI ABITUDINI DI VITA.

Leggo su un quotidiano che “in molte farmacie si è registrata un’impennata negli acquisti non solo di ansiolitici, ma anche di sedativi per indurre il sonno”.

Una inchiesta condotta facendo compilare 1.000 questionari ad un campione rappresentativo della popolazione italiana, ha rivelato che durante l’emergenza Covid 40 persone su 100 hanno avuto problemi di insonnia e hanno cercato aiuto in sostanze naturali ma soprattutto in ansiolitici e antidepressivi.

Lo stesso fenomeno si è verificato in tutto il mondo. Ma questo è legato allo stress della pandemia? Certo l’isolamento forzato ha aggravato il problema, che però esiste da tempo.

Sono andato a cercare le statistiche sull’uso degli psicofarmaci in Italia e nel mondo precedenti il periodo di pandemia. Secondo uno studio condotto qualche anno fa dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, circa sette milioni di italiani adulti fanno uso di psicofarmaci almeno una volta all’anno. Inoltre, tra i 20 e 30mila  minorenni prendono psicofarmaci e antidepressivi.  Si diffonde sempre più l’uso di prescrivere psicofarmaci a bambini, per esempio iperattivi o autistici, ad età sempre più precoci.

Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco, il consumo di psicofarmaci utilizzati per combattere nevrosi, ansia, insonnia e attacchi di panico è in aumento: solo per ansiolitici, in Italia si spendono 350 milioni all’anno.

E nel mondo? Le prescrizioni di psicofarmaci aumentano continuamente negli Usa (il paese in cui se ne consumano di più) e la tendenza europea è analoga. E gli effetti collaterali dell’abuso di questa categoria di farmaci aumentano di pari passo: pare si muoia più per overdose da farmaci psicoattivi che per eroina.

Gli psicofarmaci sono una lauta fonte di guadagni per le case farmaceutiche.  Nel mondo, per gli psicofarmaci si spendono circa mille miliardi di dollari l’anno: metà negli Usa, un quarto in Europa e un quarto nel resto del mondo.

Ma non sono solo gli psicofarmaci ad assicurare i guadagni dei produttori di farmaci.

Secondo il sito “Starting Finance” le multinazionali farmaceutiche sono tra le aziende che valgono di più al mondo: le prime in classifica  vanno da 391 miliardi a 306, a 204, a 194 (parliamo di miliardi di dollari), e ogni anno aumentano i dividendi ai loro azionisti.

Le industrie del farmaco sono capaci di realizzare i maggiori profitti, insieme a quelle delle armi. Pare che il vostro mondo spenda soprattutto per curare se stessi e per distruggere gli altri.

Non sono mancati scandali che hanno convolto questi colossi mondiali del farmaco. La Roche è la azienda condannata nel 1976 per il disastro di Seveso, provocato da una filiale italiana che per un guasto agli impianti disperse nell’ambiente grandi quantità di diossina tossica. La Merck nel 2011 la fu condannata a pagare 950 milioni di dollari per aver nascosto in modo consapevole i possibili effetti collaterali di un suo farmaco antinfiammatorio. Nel 2019 Johnson & Johnson ha dovuto pagare una multa da 572 milioni di dollari per le sue responsabilità nell’aumento di casi di overdose da oppioidi legalmente prescritti e venduti negli Stati Uniti.

E nella produzione dei farmaci non mancano le speculazioni: i prezzi sono spesso sproporzionati al costo delle sostanze o delle procedure per produrle. Le confezioni a volte contengono molti più pezzi di quanti ne servono realmente, per cui il superfluo poi va gettato alla scadenza. La possibilità di comprare certi farmaci (di vero o presunto beneficio) anche su internet apre possibilità di abusi difficilmente controllabili.

Ma non vuol dire che i farmaci siano da demonizzare in blocco, solo perché se ne fa abuso, e su questo abuso c’è anche chi ci specula.

Ci sono medicine che servono per la sopravvivenza, come gli antibiotici e i tanti ‘salvavita’, altre che aiutano a recuperare la salute perduta, o che aiutano nei momenti di grande difficoltà.  

Ma va pure considerato che la salute si perde anche per motivi che andrebbero prevenuti. Ci si ammala perché si mangia troppo e male, si fa una vita iperattiva e ansiosa, si ha difficoltà a dormire regolarmente, non si sa come fronteggiare le difficoltà di una vita stressante. Ecco allora la sovrabbondanza di farmaci per digerire, per rilassarsi e dormire, per contrastare la depressione. Anche i farmaci antitumorali, indispensabili quando il cancro si è manifestato, potrebbero usati di meno se si riducessero a monte le cause fisiche e ambientali dei tumori.

Gli inconvenienti e gli effetti collaterali dei farmaci, specie combinati tra loro, sono tanti, e ammessi dai produttori stessi. Foglietti illustrativi (chiamati ‘bugiardini’, mentre dovrebbero dire la verità!) presentano dettagliatamente le controindicazioni possibili, alcune spaventosamente gravi e preoccupanti. Molti usano male i farmaci, e i loro dosaggi, perché evitano di leggere questi foglietti che altrimenti provocherebbero altre patologie ansiose da cui poi doversi ulteriormente curare…

La considerazione più amara è che l’assunzione di sostanze farmacologiche (e altre…) sostituisce altre attività salutari. Un farmaco per digerire anziché mangiare meno e meglio, uno per dormire anziché fare una vita meno stressante che poi tiene attivati anche durante le ore di riposo, un altro per dimagrire anziché fare il movimento che tiene in forma. Insomma, incamerare sostanze in sostituzione di fare qualcosa di meglio per curare il nostro corpo…

È la stessa logica della droga, che si diffonde perché dovrebbe servire a rendere accettabile una vita che non si riesce a vivere nel modo che si vorrebbe. Si cerca di ingannare così il corpo che richiederebbe ben altra cura. Ma prima o poi il corpo la fa pagare…