I RISULTATI DI UNA INDAGINE CENSIS APPENA PUBBLICATI CI RACCONTANO LE PAURE DEGLI ITALIANI RIGUARDO AI PROBLEMI SOCIALI. LI HO LETTI CON INTERESSE E LI CITO PER MANDARLI AI MIEI SUPERIORI NEL PIANETA ALIENO DA CUI PROVENGO.

“L’84% degli italiani teme il clima impazzito, sempre più incontrollabile e ostile, causa della moltiplicazione delle catastrofi naturali, ogni anno più frequenti.

Il 73,4% ha paura che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto profonda.

Per il 73% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre e per effetto del cambiamento climatico.

Per il 70% i rischi ambientali, quelli demografici e quelli ora connessi alla guerra provocheranno un crollo della società, favorendo la povertà diffusa e la violenza.

Il 68% teme che in futuro patiremo la siccità per l’esaurimento delle risorse di acqua.

Il 53% ha paura che il colossale debito pubblico, in cammino verso la cifra record di 3.000 miliardi di euro, provocherà il collasso finanziario dello Stato italiano.

Il 43% che resteremo senza energia sufficiente per tutti i bisogni.

Il ritorno della guerra spettacolarizzata dai social media ha alimentato una paura ulteriore: la metà degli italiani ora teme che l’Italia non sarebbe in grado di difendersi militarmente nel caso di un attacco da parte di un Paese nemico.

Anche i servizi di welfare del futuro proiettano nell’immaginario collettivo preoccupazioni smisurate. Il 74% degli italiani ha paura che non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni. E il 69% pensa che negli anni a venire non tutti potranno essere curati, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni in quantità adeguate.”

Ansia, by Edvard Munch

Il commento del Censis dice che “nell’atmosfera emotiva in cui la società italiana si è immersa, vincono le credenze fideistiche: ogni verità ragionevole può d’improvviso essere ribaltata, sbullonata dal piedistallo della indubitabilità per effetto di una nuova onda emotiva”. Insomma, le paure sono un vero “mercato dell’emotività”.

Vero è che nella valutazione dei rischi la gente si fa spesso sopraffare dall’emozione. E che questa reazione emotiva è sollecitata e sostenuta dalle notizie diffuse dai media senza sufficienti spiegazioni razionali. Oppure, quando queste ci sono, vengono poco recepite o capite.

Quello che mi impressiona come Alieno è la reazione a queste paure, che si verifica negli atteggiamenti politici e nei comportamenti elettorali di una gran parte degli italiani. La risposta alle paure, emotiva quanto le paure stesse, è affidarsi a governanti che negano l’esistenza dei rischi, oppure promettono di cancellarli con risposte inadeguate.

Dice ancora il Censis: “Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti”… “Il sonnambulismo come cifra delle reazioni collettive dinanzi ai presagi non è solo attribuibile alle classi dirigenti, ma è un fenomeno diffuso nella “maggioranza silenziosa” degli italiani, resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56% (il 61% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società”.

Questo sonnolento disarmo della società civile dovrebbe essere l’oggetto di paura maggiore, e invece aumenta paradossalmente all’aumentare delle paure.

La risposta migliore ai rischi temuti sarebbe affidare il loro contrasto a chi è in grado farlo perché esperto dei problemi: clima, fonti energetiche, risorse idriche, gestione delle finanze pubbliche e del sistema sanitario e di welfare.

Invece chi ha paura continua a fidarsi di governanti che – a prescindere dalla collocazione politica – non hanno esperienza nella gestione dei problemi di cui devono occuparsi. E si fanno supportare da tecnici interessati, per mantenere il loro posto, a sostenere le strategie politiche di chi li chiama.

La maggioranza di quelli che condividono le paure spingono ancora oltre la loro emotività. Sfiduciati verso tutta la classe politica che dovrebbe risolvere le loro paure, incapaci di trovare un’alternativa, rinunciano del tutto ed evitano persino di votare. Sono ben 17 milioni gli elettori italiani che alle ultime elezioni politiche non hanno votato o hanno votato scheda bianca. Gli astenuti sono stati il 36%, vuol dire oltre un terzo dei potenziali elettori. Sino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso erano non più del 10%.

Percentuali di affluenza al voto dal 1948 al 2022. Fonte: Openpolis

Allora gli italiani avevano più fiducia nel futuro, mentre adesso – dice ancora il rapporto Censis – si rifugiano nei consumi e nei piccoli piaceri del quotidiano, come per cogliere un “attimo fuggente” senza pensare al futuro proprio e dei propri figli.

Oltre un elettore su tre si tiene le sue paure, rassegnato che nessuno le possa risolvere. E la spirale sfiducia-paura aumenta nel tempo: gli astensionisti aumentano, e aumentano pure le paure…

Votare o non votare?

Un’ultima considerazione propongo ai miei attenti superiori alieni e ai miei pazienti lettori terrestri.

Quello che sto raccontando dall’Italia, perché qui sono stato inviato, non è un problema solo nazionale ma si verifica in tutto il pianeta sempre più preda di paure globali e incapace di scegliere governanti capaci di affrontarle.

Il futuro di un mondo in cui le paure non vengono affrontate adeguatamente è come quello di un giovane che cresce nell’incertezza e nell’ansia e si affida nevroticamente ai pochi piccoli piaceri presenti, perdendo la speranza e la fiducia verso l’avvenire.

Certo, nessuno oggi pensa al radioso “Sole dell’avvenire” che in passato certe ideologie proponevano. Ma vorremmo che il domani fosse meno portatore di nuvole minacciose di tempesta, da subire passivamente senza aver fatto nulla per ripararci.