GLI UMANI PARLANO SPESSO DI PACE, MA INTANTO FANNO CONTINUE GUERRE… MA SIAMO SICURI DI AVER CHIARO COSA E’ LA PACE?

Abbiamo parlato spesso in questi rapporti di guerre e di pace. Perché le guerre tormentano continuamente il vostro pianeta, e continuamente si parla. Ma se ne parla in tanti modi, alcuni davvero equivoci.

Un personaggio di Schiller rimproverava al re Filippo II di Spagna di voler mantenere la pace nel suo regno con la violenza e il terrore, per cui la pace finisce con l’essere “quella dei sepolcri”…

L’occasione per riparlare di pace viene dall’aver assistito, nella splendida cornice del teatro greco di Siracusa, alla commedia di Aristofane dedicata appunto alla pace.

La dea Pace era stata sequestrata e reclusa da altre divinità bellicose, e tenta di liberarla un intraprendente contadino stanco delle guerre che opprimevano la sua patria greca. Dopo vari tentativi riesce nell’impresa grazie ai contadini stufi anch’essi di governanti che parlano di pace mentre fomentano le guerre, a tutto vantaggio dei produttori di armi mentre chi ci rimette è il popolo.

Siracusa 2023: “La pace” di Aristofane – quando domina il Dio della guerra
I contadini corrono a liberare la Dea pace

Così il protagonista incita il popolo a riprendersi la pace: “Solo quando la riavrete, potrete rallegrarvi e gridare e ridere. Vi sarà possibile viaggiare o stare a casa, fare all’amore o dormire, andare alle feste, banchettare, giocare e godere di tutti i piaceri…

Infatti con la dea Pace vengono fuori dalla prigione anche la dea dei frutti e quella delle feste.

Ma pace è solo avere il tempo e la possibilità di godere di tutti i piaceri?

Con buona…pace di Aristofane, il desiderio della maggioranza dell’umanità che soffre per le guerre è molto più primitivo. Appaga il bisogno essenziale di vivere senza rischiare continuamente la morte, restare o ricongiungersi con i propri cari, goderne l’affetto, avere il necessario per la sopravvivenza, lavorare senza dover temere di perdere tutto il poco che si ha.

In questo sperano le moltitudini costrette a fuggire dalle loro patrie in guerra e a rischiare la vita in mare per andare dove “c’è la pace”. A questa pace ‘semplice’ aspirano masse di disperati che non sanno se l’indomani saranno ancora vivi e potranno procurarsi il necessario per continuare a vivere.

Certo, nei paesi in guerra c’è anche una quota di persone che intendono la pace come possibilità di fare quello che si vuole senza limiti, e “godere di tutti i piaceri” senza il fastidio di assistere – ben riparati o solo dai media – a scontri e attentati. Minoranze che i piaceri se li godono anche durante la guerra, perché riescono a non farsi coinvolgere. E che magari dalla guerra traggono profitto economico, come la storia dimostra.

Abbiamo già detto in altro rapporto che, finché ci sarà questa quota di “indifferenti” o addirittura “interessati” alla guerra degli altri, i discorsi sulla pace resteranno pieni di utopia o di ipocrisia, e difficilmente la Dea tanto desiderata potrà essere liberata dalla sua prigione.