QUASI UN SECOLO FA ALBERTO MORAVIA PRESENTÒ IN UN SUO LIBRO PERSONE DISINTERESSATE ALLE EMOZIONI E ALLA VITA. INTITOLÒ IL LIBRO “GLI INDIFFERENTI”.
Nelle giornate dedicate alle “memoria”, bisognerebbe tornare sull’indifferenza, riconosciuta come il male più grande di un mondo che si definisce civile. Più della violenza, della sopraffazione, degli omicidi, perché questi mali sono quasi sempre consentiti dall’indifferenza di chi potrebbe impedirli, o prevenirli.
Il mondo è pieno di guerre e conflitti divampano in tante regioni (ne abbiamo già parlato). Milioni di persone non hanno il necessario per vivere, mentre milioni di altri sprecano le risorse. Il clima e l’ambiente vengono deteriorati e distrutti. Leggiamo di continue sopraffazioni nei confronti delle parti più deboli dell’umanità: donne, minorenni, stranieri, disabili. Bullismo e mobbing dilagano dalle scuole ai luoghi di lavoro. I testimoni di questi soprusi spesso assistono senza fare nulla per intervenire.
Apprendiamo quotidianamente di peculati, corruzioni, concussioni, da parte dei responsabili delle istituzioni, e tutto resta nell’indifferenza generale, come se questi gravi reati fossero inevitabile parte del mestiere di amministratori. Molti politici usano i beni comuni a vantaggio della propria parte, anziché perseguire il “bene comune” – che vuol dire di tutti, anche di chi non li ha eletti. Eppure molta parte della popolazione non “si interessa di politica”, astenendosi persino dal votare per eleggere politici migliori. E il disinteresse di tanti lascia spazio agli interessi di pochi.
Il mondo è quel disastro che vedete – diceva Einstein – non tanto per i danni che fanno i malfattori, ma per l’inerzia delle persone per bene che se ne accorgono ma restano a guardare”.
Davanti al male, pur accorgendosi di esso e pur non condividendolo, ci si volta dall’altra parte, per non vederlo e quasi negarne l’esistenza. Salvo poi a lamentarsi quando il male colpisce direttamente. Potenti disonesti, mafiosi, contano sulla indifferenza degli altri e sulla loro mancanza di indignazione, quel sentimento da cui dovrebbe partire l’azione di riscatto di chi non vuole essere complice restando in silenzio.
Ma non tutti sono indifferenti. Ci sono pacifisti, ecologisti, “verdi”, che lottano contro le guerre, le distruzioni ambientali, gli oltraggi alla natura. Ma restano troppo pochi perché possano sovvertire i mali del mondo. Ci sono tanti altruisti che si prendono cura degli altri, volontari e associazioni che si impegnano per garantire cure e supporto a chi ne ha bisogno. Ma è una lotta impari, perché non ce la potranno fare mai a compensare la massa di indifferenti che assiste al male senza intervenire. E che magari considera chi interviene come idealisti e utopisti che non si adattano alla realtà…
Finché questa massa non comincerà a voltarsi dalla parte giusta, facendo qualcosa per impedire che i violenti governino il mondo, si avvereranno i famosi versi del pastore Niemöller:
“Prima vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubavano.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e non parlai, perché non mi piacevano.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Poi vennero a prendere gli ebrei, e non protestai, perché non ero ebreo.
Un giorno vennero a prendere me, e non c’era nessuno che potesse dire qualcosa”.
L’indifferenza di molti consentì l’olocausto e la guerra che sconvolse il mondo, indifferenti compresi.
Visitando il lager presso Weimar viene da chiedersi come facevano tanti buoni cittadini compatrioti di Goethe e Schiller a non accorgersi di quello che avveniva alle porte della loro città, dove oltre 50mila persone furono sterminate perché zingari, omosessuali, comunisti, ebrei.
Sociologi e psicologi hanno spiegato il generale “silenzio-assenso” del nobile popolo tedesco alle aberrazioni naziste con complesse teorie sulla rimozione collettiva del “male banale”. Quel male insito nel quotidiano, con cui si convive senza farci più caso. E hanno portato tanti altri esempi storici di questo fenomeno tragicamente “negazionista”.
Ma al di là delle spiegazioni sociologiche, constatiamo che l’egoismo e la negazione dei problemi degli altri funzionano finché questi problemi non toccano personalmente. E allora sarà l’indifferenza degli altri a travolgerci.
Per cambiare questa logica autodistruttiva basterebbe che ognuno facesse un poco, perché il poco di tanti diventa molto. Ben lo sapeva chi ha fatto la resistenza contro l’oppressione nazifascista, che in questi giorni si ricorda, a perenne memoria. E lo sapevano, e lo speravano, quanti nei secoli si sono uniti alle lotte di liberazione e ai movimenti non violenti, sfidando persecuzioni, esili, persino la morte. Ma queste lotte spesso hanno cambiato realtà che sembravano immutabili. Se i diritti civili, la valorizzazione delle donne, la tutela dei disabili e di tutti i “diversi” hanno fatto dei grandi passi avanti, è perché tanti non sono rimasti indifferenti di fronte a questi problemi. E hanno indotto i governanti a cambiare le norme, o hanno cambiato i governanti.
Da alieno affezionato al vostro mondo, auguro che a questo si pensi nel giorno in cui si ricorda la Resistenza, che è proprio l’opposto della indifferenza. E che gli educatori stimolino i più giovani a riscoprire l’indignazione contro il male e ad unirsi al fronte che contrasta chi lo produce. Più il fronte si allarga, più questo contrasto sarà efficace e più parti del mondo potranno festeggiare la “liberazione”.
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