NEL DOPO-PANDEMIA (ANCHE SE IN REALTÀ IL VIRUS CONTINUA A CIRCOLARE) ABBIAMO TUTTI RIPRESO A VIAGGIARE, AD ANDARE IN VACANZA, E QUINDI A MANGIARE NEI LOCALI PUBBLICI. ANDANDO A CENA FUORI RIVEDIAMO I TANTI ADDETTI AI TAVOLI CHE CI GIRANO VELOCEMENTE INTORNO, PRENDONO GLI ORDINI, LI PASSANO ALLA CUCINA, POI PORTANO I PIATTI. E LE BEVANDE. E I DOLCI. E I CAFFÈ. ORE DI GIRAVOLTE SENZA PAUSE.

Quanti sono questi forzati della ristorazione? Tantissimi, eppure meno di quanti ne servirebbero.

Le statistiche dicono che in Italia ci sono 167mila bar aperti tutto i giorno, 222 mila ristoranti e pizzerie, aperti a pranzo e cena, tra cui i pub dove si può mangiare e bere per tutta la notte. I 33mila hotel hanno bisogno di decine di persone solo per servire la prima colazione. Contando anche catering e mense, ci sono in Italia quasi 400mila imprese della ristorazione. Con un fatturato enorme, anche se non tutto in regola con le tasse.

I lavoratori del settore in Italia nel 2021 erano 206mila nei bar, 444mila nei ristoranti, oltre 63mila addetti a mense e catering. Per avere termini di confronto, i medici sono 403mila, gli infermieri meno di 400mila. Gli avvocati 242mila. Siamo più assistiti per mangiare e bere che per curarci o farci assistere legalmente.

Però queste migliaia di addetti alla ristorazione non bastano per la grande quantità di locali esistenti . Anche perché sono rimasti 200 mila in meno dopo la pandemia. Tutta l’Europa è oggi a corto di questo servizio: ci sono 900mila posti di lavoro vacanti in ristoranti e alberghi, di cui due terzi solo in Francia e Italia.

Ma è attrattivo questo lavoro? Quali sono le condizioni di lavoro del  popolo che serve ai tavoli?

Dei giornalisti hanno provato a farsi assumere in ristoranti, trattorie e osterie in cerca di personale. La richiesta era di turni di almeno 7 ore per 5 o 6 giorni la settimana, inclusi i weekend. Stipendi dagli 800 ai 1100 euro al mese. E spesso non si può contare più neppure sull’integrazione della tradizionale “mancia”. Il contratto dura da 1 a 6 mesi, con un periodo di prova. Quando non si lavora in nero…

Anche negli hotel le paghe non sono certo allettanti: da 5 a 10 euro lordi l’ora. Eppure in tanti accettano, salvo a lasciare quando si accorgono che la ricompensa non vale la fatica e la precarietà.

Si spiega come la maggior parte del personale che ci serve al tavolo il caffè o la cena è fatto di giovani, senza formazione specifica. A fare questo mestiere, ammesso che di un mestiere si tratti, si impara facendo, solo una piccola parte vengono dalle “scuole alberghiere”. Ci sono pochi avanzamenti di carriera: da barista generico si può diventare barman o “bartender”. Da cameriere si può essere promossi “maitre di sala”. Ma ben pochi vogliono, o possono, farlo a vita. Molti sono stranieri, per i quali è tra i lavori più facili da trovare. Molti sono studenti che lavorano per pagarsi gli studi, o i soggiorni all’estero. E che dopo essersi sfiancati fra i tavoli fino a notte, la mattina dopo dovrebbero frequentare le lezioni e poi studiare. Non si può reggere molto così.

Ecco perché questo “mestiere” è tra quelli per cui c’è più richiesta ma anche più carenza. Quanti vorrebbero sceglierlo come occupazione definitiva per la propria vita?

Tante riflessioni suscita vedere questo personale volteggiarci intorno per servirci cibi e bevande ai tavoli di bar, ristoranti e pub, o quando li vediamo affaccendati  a servire il breakfast negli hotel.  E magari ci lamentiamo se sbagliano una ordinazione, o non fanno abbastanza in fretta…