Oggi il mio rapporto prende lo spunto dalle cronache quotidiane. Raccontano di quello che succede nelle carceri: malesseri, proteste, tentativi di suicidio (a volte riusciti). Ma anche evasioni, e lamentele degli agenti di custodia, sovraccarichi di lavoro e demotivati.

Il rapporto che mando ai miei superiori riguarda dunque le vostre carceri, i luoghi dove vengono chiusi quelli che hanno trasgredito le leggi e sono un pericolo per la società.

Dalle statistiche sappiamo che quanti stanno dietro le sbarre sono molti di più di quanti ne permetterebbe la capienza delle carceri. E dire che molti altri che meriterebbero di esserci, stanno invece a casa loro, mentre i detenuti – sempre secondo le statistiche – sono per lo più tossicodipendenti, stranieri e gente che magari non può pagarsi un buon avvocato che riesca a tirarli fuori.

Molti sono detenuti in attesa di giudizio, vuol dire che non hanno ricevuto una sentenza di condanna definitiva: potrebbero essere innocenti, e anzi in molti casi lo sono. Eppure stanno insieme agli altri che invece scontano la pena per una colpa accertata.

Oltre il sovraffollamento che porta tutti a vivere in spazi ristretti, vivono la noia per il tempo che non passa mai, dato che solo pochi possono essere ammessi al lavoro. Persone chiuse in gabbia, a scontare i loro errori, come pretende la gente ‘per bene’ che rispetta le leggi. Magari mettendo in un unico fascio gente che sta dentro per delitti efferati e chi commette reati per abitudine o perché sta in un ‘giro’ che li trascina, oppure semplicemente perché non conosce alternative per sopravvivere…

Immagine di detenuti dietro le sbarre
Prison (Danny Lyon, 1968)

Eppure secondo la vostra legge costituzionale, come in tutti gli stati civili, il carcere dovrebbe non solo punire per le colpe accertate ma anche rieducare i condannati, cioè indurli a rispettare le norme e cambiare modo di vivere nell’interesse loro e della società. Nelle condizioni delle vostre carceri attuali, è ben difficile che questo possa avvenire, non solo per le condizioni fisiche ma anche per la carenza di personale addetto al lavoro di riabilitazione.

Tranne la piccola quota di detenuti definitivi che viene ammessa ai benefici previsti dalla legge per il lavoro rieducativo (semilibertà, affidamento ai servizi sociali), gli altri restano in attesa della fine della pena e di tornare alle loro attività, magari illecite, dopo aver scontato il loro debito ma senza alcuna voglia di riconciliarsi con la società che continuano a considerare nemica. Considerazione ricambiata dalla società stessa che li considera per sempre ‘delinquenti’ e quindi potenzialmente pericolosi.

Mi chiedo perché la colpa, una volta accertata (possibilmente in tempi rapidi…) non possa essere scontata lavorando per scopi sociali, ognuno secondo le proprie capacità. Tutti seguiti e controllati per via telematica mediante dei sensori, come avviene nel nostro pianeta dove solo per i reati più gravi il lavoro obbligatorio viene svolto in luoghi chiusi. Col criterio che la pena può essere ridotta per chi si impegna di più e lavora meglio; e non solo, come nel vostro sistema, per chi sta calmo e non si ribella.

E mi chiedo perché non si punta di più sulla prevenzione, che abitua fin da piccoli al rispetto delle regole mostrando che questo porta vantaggi e benefici a tutti.

Qualcuno sostiene che la vera prevenzione si fa ampliando le opportunità lavorative per tutti e riducendo le diseguaglianze sociali e quindi il bisogno di trasgredire le leggi. Non so se questo è possibile nel vostro pianeta, almeno in tempi brevi. Ma certo bisognerebbe fare qualcosa di più per andare in direzione della prevenzione, anziché puntare tutto sulla repressione e la punizione visto che entrambe risultano non adeguate e non sufficienti. Ma su questo è il caso di tornare, lo farò in un altro rapporto quando ne saprò di più.