I MIEI SUPERIORI MI HANNO CHIESTO DI STUDIARE IL FENOMENO DELLA MAFIA, ANZI DELLE MAFIE PRESENTI CON VARI NOMI NEL MONDO.
L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA È DIVERSA DALLE ALTRE ASSOCIAZIONI CRIMINALI. E SU QUESTO MI PARE CI SIA TANTA CONFUSIONE, QUANDO SE NE PARLA SUI VOSTRI MEZZI DI COMUNICAZIONE.

Tanti hanno detto (e alcuni continuano a dire) che la Mafia non esiste, perché i cosiddetti ‘mafiosi’ usano gli stessi fini e gli stessi mezzi della criminalità comune: estorsione, racket del ‘pizzo’, traffici illeciti come quelli delle droghe e dei rifiuti, appalti truccati, subappalti fittizi, corruzione amministrativa.

Ma la mafia, o la camorra, o la ‘ndrangheta’ o la ‘stidda’ (ogni regione dà un nome diverso, ma la sostanza è la stessa) hanno qualcosa in più della criminalità comune. Hanno una cultura interna –  ‘subcultura’, la chiamano i sociologi – che si basa sulla deformazione e sull’uso criminale di valori che sono condivisi dalla gran parte della cultura in cui la mafia vive e prospera.

Un ‘codice’ mafioso risalente al 1892 fissava in cinque punti le regole essenziali della “famiglia” mafiosa:

  • I membri devono aiutarsi reciprocamente in caso di qualunque tipo di bisogno;
  • ai capi della “famiglia” va prestata obbedienza assoluta;
  • l’offesa ricevuta da un membro è considerata offesa a tutti e deve essere vendicata ad ogni costo;
  • mai rivolgersi ad autorità statali per avere giustizia;
  • mai rivelare i nomi degli associati o altri segreti della associazione.

La punizione per lo ‘sgarro’ verso queste regole è determinata, in un altro codice, nella «pena di morte entro le ventiquattro ore».

Il codice di “Cosa nostra” riproduce sentimenti considerati valori come la coesione familiare, lo spirito di gruppo e la “fraternità”, l’aiuto reciproco, il senso di appartenenza, la difesa da nemici esterni, il rispetto del capo e delle regole, l’efficacia e rapidità delle sanzioni specie contro i tradimenti. Sentimenti e valori che in tanti possono dire “nostri”, però pervertiti e posti al servizio di una comunità delinquenziale.

Se si aggiunge la funzione di anti-stato, specie là dove lo stato da sempre è considerato nemico, si ha il ‘brodo di coltura’ del virus mafioso (come acutamente lo definiva uno che di mafiosi se ne intendeva, Giovanni Falcone).

Questo non significa che tutta la popolazione di un certo contesto è potenzialmente mafiosa, come qualcuno ha erroneamente creduto, e certe analisi pregiudiziali affermano ancora. Significa che la mafia non è un corpo estraneo alla società come la (cosiddetta) mafia russa o cinese, ma trova tolleranza e quasi comprensione in una “mentalità” condivisa in larghi strati della popolazione.

“Il mafioso” di A. Lattuada (1962)

Lo stesso è per le altre forme di associazioni mafiose nate e diffuse in altre regioni. Non a caso quelle meridionali dove lo stato è stato sempre qualcosa di ostile, un nemico da combattere.

Ecco perché è davvero paradossale che certi politici facciano accordi sottobanco con i mafiosi per ottenerne i voti e scambiarsi favori economici.
Dovrebbero rappresentare lo stato, e invece rappresentano i mafiosi all’interno dello stato… davvero incredibile, se non fosse provato da decine di inchieste.
Inchieste i cui intrepidi promotori, essi sì veri servitori dello stato, sono state le prime vittime di questo assurdo paradosso.
Avviene in Italia, ma è avvenuto anche là dove la mafia è andata “in missione”, come nell’America o in altre parti del mondo.

Per contrastare questo tumore della società bisogna ricondurre i valori distorti dalla mentalità mafiosa alla cultura pro-sociale e di appartenenza ad una comunità statale che, con tutti i difetti da eliminare e i limiti da superare, può consentire la convivenza civile.

A questo cambiamento le giovani generazioni vanno educate, come ben avevano compreso veri protagonisti dell’antimafia come Danilo Dolci e don Pino Puglisi.

Evitando il rischio di dire che “la mafia non esiste” ma anche quello opposto di dire che “tutta la violenza è mafia”. In entrambi i casi si farebbe il gioco dei mafiosi, e di chi li sostiene e da essi si fa sostenere.