SONO IMPRESSIONATO DELLA QUANTITA’ DI CENTRI SCOMMESSE CHE SI MOLTIPLICANO NELLE VOSTRE CITTA’ E ANCHE NEI PICCOLI PAESI. I MIEI SUPERIORI ALIENI SONO ALTRETTANTO IMPRESSIONATI, QUANDO GLIELO RACCONTO.

Sfidare la fortuna, giocare d’azzardo, è una pratica antica quanto il mondo. Forse, come dicono i neuroscienziati, deriva da un bisogno innato per provare sensazioni “forti”, rischiando il proprio denaro nel tentativo di guadagnarne altro.

Non importa quanto denaro si ha da rischiare, l’importante è attendere l’esito della “dea bendata” che prima o poi dovrebbe favorire l’audace scommettitore. Perché qui ci si affida completamente alla fortuna; diverso è scommettere in giochi in cui la suddetta dea mescola il suo intervento  alla cieca con la abilità previsionale del giocatore: dalla briscola al poker; dal totocalcio agli investimenti bancari; dalle corse dei cavalli a quelle dei cani…

Dal nome latino dei dadi (alea) ebbe origine il termine “aleatorio”, da quello arabo (az-zahr) “azzardo

Giochi coi dadi erano ben noti agli antichi cinesi e romani, poi arrivarono lotterie di ogni tipo, lotto e superenalotto, slot machines, gratta e vinci istantanei. Dalla tombola casalinga si è passati al bingo alla roulette dei casinò. Adesso i centri scommesse permettono di puntare su qualsiasi cosa avvenga in qualsiasi luogo del mondo. C’è gente che scommette su campionati di calcio, o altri sport più o meno sconosciuti, in paesi che non sa neppure dove stanno sulla carta geografica.

Si scommette nei luoghi dedicati, che spuntano ovunque, veri supermercati dell’azzardo legalizzato. Ma si scommette anche online, quindi nel chiuso della propria casa. Senza alcun controllo, basta avere accesso ad una carta di credito. Scommettere a distanza coinvolge anche minorenni in cerca di sensazioni forti, casalinghe che tentano di contribuire al bilancio familiare, anziani che impegnano parte della loro pensione. Un articolo di qualche anno fa del Corriere della Sera ci impressionò col titolo “il 55% dei giocatori d’azzardo è nullatenente”: quindi prende in prestito denaro (ad interesse certo) per cercare di guadagnarne altro (incerto). Troppo stupido per essere “normale”… E infatti, per definire questa diffusa e irrefrenabile frenesia di scommessa gli esperti hanno coniato il termine gambling. E lo hanno inserito come patologia nel manuale diagnostico delle malattie mentali quando assume caratteristiche di grave compulsione. Questa “ludopatia” viene trattata in centri specializzati, come le dipendenze da droghe o alcol. I cinesi la curano anche col ricovero psichiatrico coatto.

Sala da “Pachinko” in Giappone

A questo punto si resta ancora più perplessi. Le società di tutto il mondo consentono la scommessa d’azzardo, o addirittura la incoraggiano quando lo Stato ci guadagna. Si rallegrano quando il gioco con vincita in denaro rappresenta una delle prime imprese del paese contribuendo al 4% del PIL (così è in Italia, in altri paesi ancora di più).

Le stesse società poi giudicano anormali, e quindi da curare, quelli che prendono sul serio la cosa e ne fanno una abitudine, e per la loro fragilità non ne sanno più uscire.

E puniscono chi commette reati per appagare il falso bisogno verso il quale sono stati inizialmente incoraggiati.

Tutto ciò per noi alieni è davvero incomprensibile…