Un amico appassionato della tecnologia, sempre entusiasta dei nuovi strumenti e ironico sulle mie perplessità al riguardo, mi ha raccontato angosciato cosa gli è successo ieri.

Dopo un viaggio in un bus affollato in una città diversa dalla sua, ha scoperto di non trovare più lo smartphone. Caduto e perso? Rubato? Difficile saperlo, e ancora più difficile recuperarlo.

Che fare? Impossibile avvertire qualcuno dello smarrimento, e bloccare le app potenzialmente a rischio. Le cabine telefoniche pubbliche che una volta erano diffusissime e potevano servire a questo scopo non esistono più. Chiedere a qualcuno di telefonare… ma come fare a ricordarsi i numeri, tutti registrati nella rubrica perduta insieme allo smartphone? E non essendo abituato a comporre i numeri anche delle persone più care, neppure quelli si ricordano…

E come ricostruire gli impegni tutti memorizzati nel prezioso oggetto perduto? Ah, che rimpianto delle vecchie agende dove tutto si scriveva, rubriche comprese… Certo, anche quelle si potevano perdere, ma almeno non erano appetibili da rubare.

Pensando a soluzioni alternative l’amico cerca un luogo con un computer fisso da utilizzare almeno per le operazioni essenziali, ad esempio scrivere una mail a casa o agli amici (sperando che qualcuno la legga in tempi brevi), riprendere i messaggi con indicazioni sugli appuntamenti, o collegarsi con la banca per bloccare i codici memorizzati nelle app che potrebbero finire in mani sbagliate.

Ma la telematica non perdona! Per aprire la propria casella di posta elettronica ci vuole una password che è registrata e che ovviamente non ricorda a memoria, anche perché l’aveva pensata complicatissima per evitare che qualcuno (diverso da lui stesso!) potesse indovinarla. E per accedere alla banca adesso si deve inserire un codice usa e getta che si riceve… sullo smartphone, per cui anche questa via è bloccata.

E il codice della prenotazione del treno di ritorno? Anche quello memorizzato nel telefono che non c’è più. Non ricorda più neppure l’orario preciso di partenza! Almeno avesse dovuto prendere l’aereo, la carta d’imbarco potrebbe recuperarla al banco in aeroporto, là una persona umana si trova…

Allora inizia ad entrare in panico, avrebbe preferito perdere il portafogli e maledice il giorno in cui ha cominciato ad affidare ad un unico oggetto, per quanto intelligente, tutta la sua vita.  Adesso escogita per il futuro di tenere due telefoni, così da averne uno di riserva, procurarsi una agenda come quelle di una volta e una rubrica scritta a mano e riprodotta in più copie, dove nascondere i codici e le password possibilmente in modo che non restino nascoste anche… a se stesso.

Mentre l’amico mi raccontava ancora sconvolto questa disavventura pensavo che la stessa cosa può succedere quando lo smartphone decide improvvisamente di non funzionare (magari solo perché ha la batteria scarica e non si ha disponibile un caricatore), o quando cade e si rompe.

Così la vita può subire un trauma ingestibile, che bisognerebbe aggiungere nei manuali di psicopatologia, alla voce “trauma da tradimento tecnologico”…